VERTERE STRING QUARTET & ROBERTINHO DE PAULA - "Vera Cruz"

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con Giuseppe Amatulli, Rita Paglionico, Domenico Mastro, Giovanna Buccarella, Robertinho De Paula
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“Che anche il quartetto d’archi fosse una formazione ormai affrancata dal mondo classico è cosa acquisita. Dalle sonorità contemporanee del Kronos e dell’Arditti a quelle più jazzistiche del Turtle Island String Quartet, senza ovviamente dimenticare il Balanescu, gli esempi quasi si sprecano e persino i più intransigenti sostenitori della musica accademica si sono dovuti ricredere.
A questa ”nouvelle vague” espressiva aderisce anche il Vertere String Quartet una formazione pugliese “giovane”, ma già forte di un curriculum e di una variegata serie di esperienze tra jazz, musica etnica ed accademica che costituiscono una solida garanzia di affidabilità e, soprattutto, ne dimostrano la non comune confidenza con linguaggi eterogenei, in ossequio all’idea di una musica priva di odiose distinzioni di genere e di stile. A darci conferma della versatilità estrema del Vertere è questo album nel quale i violinisti Giuseppe Amatulli e Rita Paglionico, il violista Domenico Mastro e la violoncellista Giovanna Buccarella “incrociano” i loro archetti con la chitarra acustica di Robertinho De Paula per affrontare un viaggio nella musica brasiliana che, diciamolo subito, si rivela molto diverso dall’immagine stereotipata che spesso ci giunge da quel Paese. Se infatti la scelta dei brani è sapientemente orientata verso una musica d’autore estremamente “ampia”, che abbraccia da Tom Jobim e Milton Nascimento ad Heitor-Villa Lobos, è soprattutto la resa musicale a imporsi per una scrittura sapiente, capace di costruire un percorso emotivo e sonoro di grande raffinatezza, nel quale ognuno dei brani in scaletta finisce per apparirci come il singolo movimento di una suggestiva suite, di un affresco sonoro ricco di trame preziose. Merito di un altro talento della musica pugliese, l’arrangiatore Gianluigi Giannatempo, che ha saputo valorizzare ogni singola composizione attraverso un lavoro intelligente, capace di esaltare il quartetto, affidandogli una funzione sì orchestrale, ma anche un significativo ruolo di interplay con la chitarra acustica di De Paula, che qui si conferma un solista ispirato e virtuoso.
Il risultato è un respiro di stampo “cameristico” nel quale, pur praticando linguaggi “nuovi”, gli strumenti non hanno mai bisogno di fare ricorso a sonorità o pratiche esecutive eterodosse per rivelarsi moderni e convincenti, ma anzi restano sempre nell’ambito di una tradizione aurea che sa rivelarsi sorprendente per la sua capacità di adattamento. Del resto, come ci ricordano i documenti dell’Ottocento, il violino è stato trai primi strumenti ad essere adoperati, insieme con il flauto e il cavaquinho (una piccola chitarra) nei “choros”, le orchestrine di musica popolare attive a Rio de Janeiro e alle quali lo stesso Villa-Lobos si ispirò per scrivere le proprie composizioni. In sintesi, una storia antica che si ricompone, fila che si riallacciano dimostrandoci la loro assoluta attualità.
Venendo al repertorio, alla scaletta del cd, basterà decisamente il primo ascolto per cogliere il piglio suadente di una “saudade” che sa ammantare anche i brani ritmicamente più incisivi, senza mai compromettere gli equilibri espressivi, pressoché perfetti. Come accade con tutti i dischi ogni ascoltatore finirà per prediligere alcuni brani in luogo di altri e non c’è dubbio che, ad esempio, la malinconia di “Vera Cruz”, il nerbo ritmico di “Natural”, che Irio De Paula – padre di Robertinho – deve aver composto pensando al tradizionale “Berimbau”, l’elegante bossanova dei due temi dedicati da Jobim al compositore brasiliano Radames Gnattali, il melos popolare di “Cantiga de Caicò” di Villa-Lobos o il romantico abbandono di “Que serà” di Chico Buarque siano capaci di rievocare immagini suggestive, risvegliando sentimenti sopiti nel più profondo dell’animo. Ma tutto il disco merita di essere ascoltato più volte e apprezzato sino in fondo: anche quando sembrerà di conoscerne i brani quasi a memoria, non si finirà mai di cogliere qualche nuova, intrigante sfumatura”. Ugo Sbisà

(P) 2011
Dodicilune ED291
8033309692913

 

MUSICISTI
Giuseppe Amatulli, violin
Rita Paglionico, violin
Domenico Mastro, viola
Giovanna Buccarella, cello
Robertinho De Paula, guitar

Total Time 46,35

 

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